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Fyodor Dostoevsky
[…] Ecco, ho già ventisei anni, e mai m'è capitato di incontrare una qualche persona. Quindi, come posso parlare bene, con abilità e a proposito? Per voi sarà meglio quando tutto sarà rivelato, sarà messo allo scoperto… Non so tacere quando in me è il cuore a parlare. Quindi, comunque… Dovete credere, nessuna donna, mai, mai! Nessuna conoscenza! E ogni giorno mi limito a sognare che prima o poi incontrerò qualcuno. Ah, se sapeste quante volte in tal modo mi sono innamorato! …” “Ma com'è possibile, di chi mai?” “Ma di nessuno, di un ideale, di colei che si vede in sogno. Nei sogni costruisco romanzi interi. Oh, voi non mi conoscete! È vero, e non poteva essere altrimenti, due o tre donne le ho incontrate, ma di che donne si trattava? Erano le solite massaie… Ma vi farò ridere, vi racconterò che ho pensato alcune volte di attaccare conversazione così, alla buona, con una qualche aristocratica, per strada, s'intende, incontrandola da sola; attaccare conversazione, s'intende, timidamente, con rispetto, passione; dire che sto morendo, in solitudine, in modo che non avesse a scacciarmi, che non ho i mezzi per conoscere una qualunque donna; suggerirle che rientra persino nei doveri della donna non respingere la timida supplica di un uomo infelice come me. Che, per finire, tutto quel che chiedo consiste solo nello scambiare due parole fraterne, con partecipazione, senza essere scacciato sui due piedi, nel credermi sulla parola, porgere orecchio a quello che avrei detto, nel ridere pure di me, se così le garbava, darmi una qualche speranza, dirmi due parole, soltanto due parole, e poi potevamo anche non incontrarci mai più! … Ma voi ridete… D'altronde, è per questo che ve lo racconto…” “Non vi indispettite; rido del fatto che voi siete il vostro nemico, e che se aveste provato, forse avreste avuto successo […]
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